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OSPEDALI ANTICHI, IL NOSTRO FUTURO

Italia Nostra Roma
Pubblicato da Giuseppina Granito, Italia Nostra Roma in News · Venerdì 03 Giu 2022
Tags: OspedaliAntichiForlaniniSanGiacomo
Le politiche di contenimento della spesa sanitaria, attuate negli ultimi decenni in Italia e connotate da drastici tagli, hanno registrato a Roma due vittime illustri: gli ospedali monumentali San Giacomo e il Forlanini, importanti sia da un punto di vista architettonico, che sanitario. Il primo infatti, per il quale sono stati investiti più di 30 milioni di euro per ristrutturazione e attrezzature che si stanno degradando, giace inutilizzato rispetto alla vasta potenziale utenza di abitanti e di turisti del Centro storico. Il Forlanini invece, sacrificato al vicino San Camillo, nonostante il meraviglioso parco e la possente muraglia a causa della sua vocazione per la cura della tubercolosi, non può più essere il riferimento degli abitanti del quadrante Ovest di Roma, con i quartieri Monteverde e Portuense.
 
La domanda che ci si pone è quanto tali chiusure siano costate alla società in termini di vite umane perdute e di finanziamenti sprecati.

Le politiche di contenimento della spesa sanitaria, attuate negli ultimi decenni in Italia e connotate da drastici tagli, hanno visto quali prime vittime, insieme ai cittadini privati di cure essenziali, gli antichi edifici reputati non più idonei ad assolvere a compiti assistenziali, relegandoli all’abbandono e all’inutilità.

A Roma abbiamo due esempi paradigmatici di una tendenza che vede i beni comuni da riconvertire come un inutile fardello.
Parliamo degli ospedali San Giacomo e Forlanini. Il primo chiuso dal 31 ottobre 2008 con provvedimento dell’allora presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, l’altro chiuso con decreto dell’omologo Nicola Zingaretti, in qualità di commissario ad acta per il rientro dal deficit sanitario, il 30 giugno 2015.

Per il primo si dovrebbero riaprire le porte in seguito a sentenza del Consiglio di Stato che ne decreta la riattivazione. La Regione però si è rivolta a istanze superiori tentando di capovolgere la sentenza.

La sorte del Forlanini è invece appesa a un verdetto del Tar che dovrebbe arrivare il 18 aprile 2023. Alcuni documenti consultati attestano gli investimenti destinati a tali strutture prima che chiudessero i battenti.

Per il San Giacomo, nel primo decennio del 2000 sono stati impiegati ben 20 milioni di euro. Più di 10 milioni sono andati alla dotazione di strumentazioni, arredi, ristrutturazione e posa in opera degli apparecchi della diagnostica per immagini e anatomia patologica. Altri 2 milioni 441mila e 384 euro sono andati all’ambulatorio di fronte all’ospedale di via Canova, diventato poi “sostituto” del nosocomio chiuso.
Tra le ristrutturazioni: i reparti di rianimazione, cardiologia, il servizio farmaceutico, lo spogliatoio infermieri. Altri fondi impiegati per bonificare gli impianti mettendoli a norma e ristrutturare l’ortopedia.

Al Forlanini è andata un po’ peggio: prima della chiusura tutte le risorse furono dirottate al vicino San Camillo, come avvenuto per 20 milioni destinati a restaurare due padiglioni. Si decise di realizzare il “Nuovo Forlanini” nel reparto Marchiafava del nosocomio beneficiato, impiegando altri 6 milioni e 500.000 euro; il trasferimento degli uffici amministrativi nei locali della mensa dell’ospedale sulla Gianicolense costò 1 milione; un altro milione fu impiegato per trasferire altri uffici nella ex ortopedia del Forlanini. Nel 2014 il direttore generale dichiarò che il trasloco e l’adeguamento del San Camillo avrebbero comportato un costo totale di 70 milioni. Sarebbe interessante sapere quanto si è risparmiato ogni anno dalla chiusura dei due nosocomi. Sarebbe altresì importante sapere quanto tali chiusure siano costate alla società in termini di vite perdute nelle infinite attese di malati gravi, privi di posto letto. Per non parlare della tragedia Covid per cui si è scelto di accreditare strutture private per poter ricoverare i pazienti. Risorse della collettività, mentre si assisteva alla lenta morte di due ospedali, beni pubblici di proprietà dei cittadini, nella Regione con l’Irpef più alta d’Italia.

Tali vicende ci riportano a un altro tema legato agli ospedali storici: il loro rapporto con il contesto. Comunemente, siamo soliti attribuire all’ospedale significanti legati alla mera attività che si svolge all’interno, ancorché rilevante. All’ospedale sono legati infiniti momenti dell’esistenza: nascite, malattie, morti, lavoro, legami, aspirazioni e molto altro. Non sempre si analizza il rapporto che l’edificio ospedale ha con “l’intorno”, incontestabilmente significativo. Per portare un esempio a noi noto, il Forlanini collega due ambiti importantissimi per il quadrante Ovest di Roma: i quartieri Monteverde e Portuense. Tenerlo chiuso, significa aver azzerato tutta la vitalità del circondario, il commercio e la socialità, trascurandone la manutenzione ordinaria. Il monumentale complesso, con il suo meraviglioso parco oggi offre di sé una immagine che rimanda agli anni Cinquanta, con la possente muraglia che ne attestava l’isolamento, causato dallo stigma legato al “mal sottile”.
Poi il cambiamento, con la Riforma sanitaria che vide il Forlanini assorbito dal vicino San Camillo in un’unica direzione. Due esempi significativi di architettura ospedaliera del Novecento a Roma: il Forlanini quale primo modello di monoblocco, a confronto con il San Camillo a padiglioni, destinato di lì a poco al superamento. Anche il San Giacomo, nell’antico edificio che nel XVI secolo divenne Arcispedale per volontà del cardinale Antonio Salviati, era un presidio importante per il centro storico di Roma. Un affidabile punto di riferimento per residenti, commercianti, professionisti, turisti e perfino politici.

Per difendere il San Giacomo, fin dalle prime minacce di chiusura, il compianto presidente di Italia Nostra Roma Carlo Ripa di Meana non si risparmiò.
Della sua battaglia e di quella per il Forlanini - ereditate dalla rimpianta vicepresidente della sezione romana di Italia Nostra Mirella Belvisi - dobbiamo far tesoro e imporre all’opinione pubblica il tema degli ospedali storici quale istanza di assoluto interesse, con tutte le implicazioni che ciò comporta.


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