Sezione di Roma
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Beni culturali
PRESENTAZIONE
 
Agli inizi degli anni ’50 del secolo scorso la città di Roma cominciava la sua rapida e disordinata espansione verso il Suburbio (ossia la parte di Campagna romana compresa tra la cinta delle Mura Aureliane ed il Grande Raccordo Anulare) e poi verso l’Agro romano (ossia la parte di Campagna romana compresa tra il Grande Raccordo Anulare ed i confini comunali), divorando ettari ed ettari di un territorio straordinariamente ricco di testimonianze storiche ed archeologiche. Proprio in quegli anni, nell’ampio dibattito intorno all’elaborazione del Nuovo Piano Regolatore Generale di Roma, destinato per la prima volta ad includere l’intero Agro romano, attraverso la distinzione tra zone di espansione urbanistica e zone invece non edificabili, cominciava a prendere forma l’istanza di conservazione ambientale e paesistica di ampie zone del Suburbio e dell’Agro romano. Si profilava così la possibilità di affidare la salvaguardia del territorio, oltre che a interventi di natura vincolistica ai sensi della legislazione vigente in materia di tutela storico-artistica (Legge 1089/39) e paesaggistica (Legge 1497/39), anche e soprattutto ad una attenta pianificazione urbanistica, che mirasse alla conservazione non solo del singolo monumento, ma anche del contesto territoriale di appartenenza.
 
Pertanto, in considerazione dell’alta concentrazione di beni culturali presenti nel territorio del Comune di Roma, nel DPR del 18.12.1965, con cui fu approvato il PRG del Comune di Roma adottato nel 1962, fu inserita la prescrizione di redigere una mappa che censisse le preesistenze storico-archeologiche e che facesse da allegato al PRG medesimo.
 
Detta richiesta venne riaffermata con forza dal D.M. 4876 del 6.12.1971, con cui fu approvata la Variante Generale al PRG del 1967. In esso veniva infatti prescritto che tale “mappa da allegare al Piano Regolatore” avrebbe dovuto “comportare, tra l’altro, tutta una serie di variazioni di destinazioni di zona, di revisione dei relativi confini, nonché la sovrapposizione di vincoli di rispetto monumentali derivanti dalla conoscenza degli elementi contenuti in un documento di siffatta importanza”.
 
Anche la Deliberazione della Giunta Regionale del Lazio n. 689 del 6.3.1979, che ha approvò la Variante Generale al PRG del 1974, ribadì la necessità di “invitare ancora una volta il Comune di Roma ad una sollecita adozione della Carta storica dell’Agro romano, con le modalità e le fasi indicate nel D.M. 6.12.1971, n. 4876”.
 
La Carta dell’Agro è stata infine redatta dal Comune di Roma, ed è stata approvata con D.C. 959 del 18.3.1980. In essa sono registrati migliaia di beni culturali, così suddivisi:
 
  • Beni di sviluppo lineare, come gli antichi tracciati stradali, gli antichi acquedotti nel loro tracciato emergente o sotterraneo, le alberature, i fossi, etc.
  • Beni di sviluppo areale, come le aree archeologiche, le necropoli, le catacombe, i siti preistorici, i boschi, le macchie, i fondo valle, etc
  • Beni puntiformi, come i monumenti funerari e le tombe antiche, i templi, le ville, i castelli, le torri, i casali, i manufatti industriali, etc.
    
Nella Carta dell’Agro venivano indicate anche i beni e le aree tutelate da vincolo archeologico e monumentale ex Lege 1089/39, e da vincolo paesistico ex Lege 1497/39.
Infatti la Legge urbanistica statale n. 1150 del 17.8.1942 prescrive che “il piano regolatore generale deve considerare la totalità del territorio comunale. Esso deve indicare essenzialmente: … 5) i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico …”.

In effetti il PRG del Comune di Roma adottato nel 1962 ed approvato con DPR del 18.12.1965 prevedeva degli strumenti di tutela consistenti in vincoli urbanistici di rispetto, finalizzati alla conservazione sia dei complessi rurali e degli antichi casali sia delle preesistenze archeologiche.

In pratica l’art. 17, punto 7 delle Norme Tecniche di Attuazione individuava il “vincolo monumentale”, graficizzato sulle planimetrie del PRG con perimetro rosso tratteggiato: “In corrispondenza delle località individuate con il simbolo di avanzi archeologici o di costruzioni di interesse storico, monumentale, panoramico o ambientale, nessuna licenza di costruzione, ampliamento o trasformazione può essere rilasciata senza il preventivo benestare della Sovraintendenza ai Monumenti e, ove trattasi di ruderi archeologici, anche della Sovrintendenza delle Antichità di Roma I”. Nelle planimetrie dello strumento urbanistico del Comune di Roma del 1965 erano pertanto presenti numerosi beni tutelati dal vincolo urbanistico sopra richiamato.  

Inoltre l’art. 17, punto 6) delle Norme Tecniche di Attuazione del precedente PRG individuava il “vincolo archeologico e paesistico”, graficizzato sulle planimetrie del PRG con tratteggio inclinato a 45 ° con interlinea 12 mm: si trattava delle aree tutelate da vincolo archeologico ex Lege 1089/39 e/o da vincolo paesistico ex Lege 1497/39. Ogni trasformazione delle aree interessate era quindi subordinata per legge al rilascio di un nullaosta obbligatorio e vincolante da parte della competente Soprintendenza.

Sebbene la Carta dell’Agro romana sia stata approvata nel 1980 e poi aggiornata nel 1988, essa non si è mai trasformata da strumento di conoscenza in strumento di tutela, attraverso l’adozione e poi l’approvazione di una varante al PRG che tutelasse i beni in esso registrati attraverso l’apposizione di vincoli di tutela urbanistici (vincolo monumentale di PRG sopra richiamato) e destinazioni urbanistiche di zona compatibili con la tutela (verde pubblico, verde privato, zona agricola).

Questa situazione veniva denunciata con forza e chiarezza nell’articolo di Antonio Cederna sulle pagine del Corriere della Sera del 18.3.1980, titolato “La Carta dell’Agro approvata dal Comune dopo 20 anni di indagini e resistenze politiche. Adesso il patrimonio della Campagna romana è noto, ma resta indifeso”. Nell’articolo veniva ribadita la richiesta di Italia Nostra “che la Carta venga “adottata” e le sue indicazioni, entro termini obbligatori, tradotte integralmente in indicazioni urbanistiche di piano regolatore”. ”L’amministrazione deve insomma inserire la tutela nella pianificazione, attuarla nell’unico modo possibile, cioè traducendola in precise destinazioni dell’uso del suolo: le aree indicate dalla Carta devono dunque ricevere una zonizzazione compatibile e trasformarsi in H3 (agro romano vincolato), o in G1 (parco privato), oppure in N (parco pubblico) a seconda dei casi”.

Carta dell’Agro romano e Carta per la Qualità
 
La Carta dell’Agro è stata infine redatta dal Comune di Roma, ed è stata approvata con D.C. 959 del 18.3.1980. In essa sono registrati migliaia di beni culturali, così suddivisi:
 
  • Beni di sviluppo lineare, come gli antichi tracciati stradali, gli antichi acquedotti nel loro tracciato emergente o sotterraneo, le alberature, i fossi, etc.
  • Beni di sviluppo areale, come le aree archeologiche, le necropoli, le catacombe, i siti preistorici, i boschi, le macchie, i fondo valle, etc
  • Beni puntiformi, come i monumenti funerari e le tombe antiche, i templi, le ville, i castelli, le torri, i casali, i manufatti industriali, etc.
    
Nella Carta dell’Agro venivano indicate anche i beni e le aree tutelate da vincolo archeologico e monumentale ex Lege 1089/39, e da vincolo paesistico ex Lege 1497/39.
Infatti la Legge urbanistica statale n. 1150 del 17.8.1942 prescrive che “il piano regolatore generale deve considerare la totalità del territorio comunale. Esso deve indicare essenzialmente: … 5) i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico …”.

In effetti il PRG del Comune di Roma adottato nel 1962 ed approvato con DPR del 18.12.1965 prevedeva degli strumenti di tutela consistenti in vincoli urbanistici di rispetto, finalizzati alla conservazione sia dei complessi rurali e degli antichi casali sia delle preesistenze archeologiche.

In pratica l’art. 17, punto 7 delle Norme Tecniche di Attuazione individuava il “vincolo monumentale”, graficizzato sulle planimetrie del PRG con perimetro rosso tratteggiato: “In corrispondenza delle località individuate con il simbolo di avanzi archeologici o di costruzioni di interesse storico, monumentale, panoramico o ambientale, nessuna licenza di costruzione, ampliamento o trasformazione può essere rilasciata senza il preventivo benestare della Sovraintendenza ai Monumenti e, ove trattasi di ruderi archeologici, anche della Sovrintendenza delle Antichità di Roma I”. Nelle planimetrie dello strumento urbanistico del Comune di Roma del 1965 erano pertanto presenti numerosi beni tutelati dal vincolo urbanistico sopra richiamato.  

Inoltre l’art. 17, punto 6) delle Norme Tecniche di Attuazione del precedente PRG individuava il “vincolo archeologico e paesistico”, graficizzato sulle planimetrie del PRG con tratteggio inclinato a 45 ° con interlinea 12 mm: si trattava delle aree tutelate da vincolo archeologico ex Lege 1089/39 e/o da vincolo paesistico ex Lege 1497/39. Ogni trasformazione delle aree interessate era quindi subordinata per legge al rilascio di un nullaosta obbligatorio e vincolante da parte della competente Soprintendenza.

Sebbene la Carta dell’Agro romana sia stata approvata nel 1980 e poi aggiornata nel 1988, essa non si è mai trasformata da strumento di conoscenza in strumento di tutela, attraverso l’adozione e poi l’approvazione di una varante al PRG che tutelasse i beni in esso registrati attraverso l’apposizione di vincoli di tutela urbanistici (vincolo monumentale di PRG sopra richiamato) e destinazioni urbanistiche di zona compatibili con la tutela (verde pubblico, verde privato, zona agricola).

Questa situazione veniva denunciata con forza e chiarezza nell’articolo di Antonio Cederna sulle pagine del Corriere della Sera del 18.3.1980, titolato “La Carta dell’Agro approvata dal Comune dopo 20 anni di indagini e resistenze politiche. Adesso il patrimonio della Campagna romana è noto, ma resta indifeso”. Nell’articolo veniva ribadita la richiesta di Italia Nostra “che la Carta venga “adottata” e le sue indicazioni, entro termini obbligatori, tradotte integralmente in indicazioni urbanistiche di piano regolatore”. ”L’amministrazione deve insomma inserire la tutela nella pianificazione, attuarla nell’unico modo possibile, cioè traducendola in precise destinazioni dell’uso del suolo: le aree indicate dalla Carta devono dunque ricevere una zonizzazione compatibile e trasformarsi in H3 (agro romano vincolato), o in G1 (parco privato), oppure in N (parco pubblico) a seconda dei casi”.
Il Comune di Roma di Roma, sebbene abbia poi aggiornato la Carta dell’Agro nel 1988, facendo passare i beni in essa registrati da 6000 ad 8000, non ha tuttavia provveduto ad adempiere a quanto prescritto nel 1965 e nel 1971, e quindi sollecitato da Cederna ed Italia Nostra.

Neppure con la “Variante delle Certezze” adottata nel 1997 dal Comune di Roma si è provveduto a tutelare il patrimonio culturale e paesistico registrato nella Carta dell’Agro attribuendo alle aree interessate destinazioni urbanistiche coerenti con la necessaria tutela. Con questo atto l’Amministrazione ha inteso “acquisire all’interno della struttura normativa del Piano delle certezze le valenze di tutela contenute nella Carta storica archeologica monumentale e paesistica del suburbio e dell’Agro romano. Tale Carta censisce sull’intero territorio comunale oltre 6000 elementi di interesse storico che dovranno essere attentamente verificati.

Poiché la complessità di tale operazione richiede tempi che travalicano l’adozione del Piano delle Certezze, l’Amministrazione ritiene opportuno inserire una norma transitoria che, recependo le tavole della Carta dell’Agro come allegati del vigente PRG, garantisca la tutela dei beni censiti nella suddetta Carta”.

È stata quindi introdotta nelle NTA dell’allora vigente PRG una normativa transitoria (Art. 16 bis, punto 7 bis), la quale ha previsto l’obbligo di acquisire un parere preventivo dalle Soprintendenze nell’intervento e già individuati nella CdA.

“Inoltre, fin da ora, il Piano delle Certezze assume – graficizzandoli con apposito simbolo –un numero definito di beni, già individuato nella Carta dell’Agro, in quanto emergenze storiche e archeologiche accertate, secondo l’elenco e gli elaborati cartografici trasmessi dal Sovrintendente comunale. Per questi beni il Piano prevede che debba essere riservata una fascia di rispetto inedificabile minima di 50 metri”. L’elenco in questione, contenente circa 1.200 beni censiti nella Carta dell’Agro e ritenuti “beni certi” in quanto “emergenze storiche ed archeologiche accertate”, è presente nell’Allegato G alla Relazione che accompagna la D.C. in questione.

A tale riguardo va rilevato che omettendo di fare ricorso all’imposizione di vincoli urbanistici, e prevedendo invece solo l’obbligo di acquisire un parere non vincolante dalle competenti Soprintendenze, la tutela dei beni censiti nella Carta dell’Agro non viene ad essere garantita. Infatti viene prescritto un parere preventivo e non un benestare vincolante, parere da rilasciarsi comunque entro il termine di 60 giorni a prescindere dall’esecuzione di saggi conoscitivi, ed in assenza del quale la pratica autorizzativa viene comunque definita da parte degli uffici comunali.

Arriviamo così al vigente PRG di Roma Capitale, adottato nel 2008 ed approvato nel 2008. La Carta dell’Agro scompare come allegato allo strumento urbanistico comunale, e viene istituita la Carta per la Qualità, nella quale dovrebbero essere individuati gli elementi che presentano particolare valore urbanistico, architettonico, archeologico e monumentale, culturale, da conservare e valorizzare. Tali elementi sono così articolati:

  1. Morfologie degli impianti urbani
  2. Elementi degli spazi aperti
  3. Edifici con tipologia edilizia speciale
  4. Edifici e complessi edilizi moderni
  5. Preesistenze archeologiche e monumentali
  6. Deposito archeologico e naturale nel sottosuolo
  7. Locali e attività di interesse storico, artistico, culturale
           
Tuttavia negli elaborati cartografici della Carta per la Qualità sono stati riportati soli i 1.200 “beni riportati nella Carta dell’Agro e riportati nel Piano delle Certezze”, così come precisato nell’art. 16, comma 2 delle NTA.
Pertanto sui solo 1.200 beni individuati dalla Variante delle Certezze, a fronte degli 8000 registrati nella Carta dell’Agro, è stato fino ad oggi previsto un nulla osta vincolante da parte della Regione e dalla competente Soprintendenza statale solo nel caso in cui il bene sia tutelato per legge dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (DL 42/2004 e ss.mm.ii). Nel caso in cui invece il bene non sia tutelato per legge, l’art. 16, comma 10 delle NTA prevede un parere rilasciato da parte della Sovrintendenza Capitolina entro un termine di 60 giorni dalla richiesta formulata dal responsabile del procedimento di abilitazione.

Le Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del vigente PRG prescrivono all’art. 16 relativo alla Carta per la Qualità, al comma 2 che “… sono inseriti di diritto … i beni culturali immobili e i beni paesaggistici tutelati ai sensi degli articoli 10, 136 lettere a, b e c, e 142 comma 1, lettera m del D.L. 42 del 22.1.2004”. In sostanza dovrebbero essere inseriti nella Carta per la Qualità i beni tutelati da vincolo culturale, i beni tutelati da vincolo paesistico tramite declaratoria (decreto), e le “zone di interesse archeologico” tutelate da vincolo paesistico ope legis. Di fatto questi beni non sono registrati nella Carta per la Qualità, così come non sono indicati negli altri elaborati del Piano Regolatore Generale oggi vigente.
Rispetto al precedente PRG approvato nel 1965 il nuovo e vigente PRG non presenta più elaborati che indichino la presenza di aree tutelate per legge da vincolo culturale e paesistico, e non dispone più nemmeno dello strumento di tutela urbanistica costituito dal “vincolo monumentale” sopra richiamato.
E va infine ribadito che per i beni registrati nella Carta per la Qualità non è oggi garantita la tutela. Infatti l’art. 16, comma 10 delle NTA prescrive nel caso di interventi sui beni registrati nella Carta per la Qualità un parere obbligatorio da parte della Sovrintendenza Capitolina, parere che tuttavia non è vincolante.
Purtroppo oggi la Carta dell’Agro romano non è neppure consultabile sul sito web di Roma Capitale. Essa è invece consultabile sul Geoportale della Città Metropolitana, al seguente link:

È invece possibile acquisire le informazioni sul territorio e sul censimento degli elementi nella Carta per la Qualità nel Geoportale di Roma Capitale, accedendo al servizio di Nuova Infrastruttura Cartografica (NIC):

Emilio Giacomi

settembre 2023
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